Il settore delle costruzioni ha mostrato nel 2018 e nel 2019 segnali di ripresa, i tassi di crescita sono ancora contenuti e non consentono certo nel complesso di tornare ai livelli pre-crisi.
Ora l’attenzione si sposta su cosa accadrà nel 2020 e nel 2021, e poi nel triennio 2022-2024: in quale ciclo siamo inseriti? Che dimensioni ha la ripresa? E soprattutto come sta cambiando il mercato?
Le risposte si possono trovare nel XXVII Rapporto Congiunturale, che viene presentato a Bologna, il 29 novembre 2019, ore ore 9:15, presso PALAZZO DELLA CULTURA E DEI CONGRESSI, Piazza della Costituzione, 4 – Bologna.
Rapporto descrive un quadro di mercato in ripresa, in cui tutti i motori delle costruzioni sembrano essere ripartiti, pur con tassi contenuti e profonde polarizzazioni e differenze territoriali e tipologiche; allo stesso tempo si affrontano i nodi di un profondo cambiamento con cui tutti gli attori dell’offerta devono confrontarsi. E tra i segnali di ripresa, come previsto, sono da mettere sul piatto le opere pubbliche che in termini di importi dei lavori messi in gara sono tornate nel 2018 e nel 2019 ai livelli dei primi anni 2000.
Ma se è vero che il settore delle costruzioni sta lentamente uscendo dalla più grande crisi della sua storia, non possiamo non notare che il mercato si è ridimensionato, è profondamente trasformato e appare in crisi di immagine; le costruzioni hanno pagato la perdita di ‘ruolo’ nelle riflessioni che guardano ai processi di sviluppo. Speculazione e consumo di suolo, corruzione e ‘bruttezza’, ‘rendita’ e immobilizzazione delle risorse, errori, ritardi, varianti, hanno disegnato uno scenario negativo che corre il rischio di non far comprendere la sfida strategica che “l’ambiente costruito” è chiamato a giocare nella storica fase ambientale e socio-economica che stiamo vivendo. Passiamo il nostro tempo in edifici e infrastrutture che sono il prodotto, storicamente stratificato, del settore delle costruzioni. Un modello di sviluppo sostenibile e resiliente non può prescindere da una nuova consapevole strategia di investimento che interessi la qualità dell’ambiente costruito: i luoghi in cui abitiamo sono una parte fondamentale della qualità della nostra vita e uno dei fattori determinanti la soluzione ai problemi ambientali.
Certo serve un “nuovo” settore delle costruzioni. E di questo si occupa ormai da qualche anno il CRESME nel suo Rapporto. Ma nel quadro della crisi che ha visto morire 100.000 imprese, uscire dal lavoro 600.000 persone impiegate nell’attività diretta e 200.000 in quella dello stretto indotto, e nell’attuale fase di ripresa che mostra dinamiche tipologiche e territoriali contrastanti, va detto che emerge nel contesto politico-economico la sottovalutazione di quale è il ruolo dell’ambiente costruito nella crescita economica, nei processi competitivi, nella ricchezza e nella qualità della vita delle persone. Questa sottovalutazione è stata, ed è particolarmente evidente nel nostro Paese, ma è anche una sottovalutazione di carattere scientifico.
Contrariamente al detto comune Quand le bâtiment va, tout va, anche la più raffinata letteratura scientifica internazionale quando affronta il settore delle costruzioni non riflette sull’ambiente costruito nel suo insieme, lo divide, lo segmenta nei complessi componenti della filiera che lo alimenta: da un lato si considera l’attività produttiva (al massimo valutandone l’indotto); dall’altro si guarda al mondo immobiliare, il mondo dello scambio del prodotto edilizio nuovo e usato, in proprietà e in locazione, considerando processi di valorizzazione e intermediazione; dall’altro, si prende ancora in esame il mondo dei servizi coinvolti, da quelli diretti della progettazione al mondo più ampio dei servizi coinvolti con l’ambiente costruito (la commercializzazione e distribuzione di materiali, sistemi e componenti necessari per la produzione, il credito erogato a famiglie e imprese dal settore bancario, le attività legate alla gestione del prodotto costruito, l’attività di notai e avvocati, le pulizie, la sorveglianza; l’Asset management il Facilty management, ecc.). L’attività che guarda all’ambiente costruito non è solo quella della costruzione e dell’ investimento, è quella della manutenzione ordinaria e delle attività di servizio e consumo ad essa collegata; è questo che deve essere misurato.
La sfida che il CRESME ha voluto lanciare, parte da alcune domande: la crisi delle costruzioni è la crisi dell’economia italiana o è una crisi propria? La crisi del valore delle abitazioni in Italia è alla radice della crisi dei consumi? Che cosa rappresenta veramente il settore dell’”ambiente costruito” nell’economia? Possiamo ambire a una crescita sostenibile senza modificare l’ambiente costruito?
A queste domande, insieme alla consueta analisi del CRESME sul mercato delle costruzioni su cosa succederà nel 2020 e nel medio periodo 2021-2024, si proverà a dare risposta nell’ambito della presentazione del XXVII Rapporto CRESME.