L’individuazione delle aree in cui è applicabile il bonus facciate è oggetto di una lettera inviata dal capo di gabinetto MiBACT Lorenzo Casini (prot. 4961 del 19 febbraio 2020) a una serie di sindaci piemontesi. Nel documento è stato chiarito che decreto 1444/68 non imponeva ai Comuni “di applicare meccanicamente la suddivisione in zone e la conseguente denominazione ivi previste. Il decreto, invece, identifica zone omogenee al fine di stabilire le dotazioni urbanistiche, i limiti di densità edilizia, le altezze e le distanze tra gli edifici”.
Per ottenere il bonus facciate basta “che gli edifici si trovino in aree che, indipendentemente dalla loro denominazione, siano riconducibili o comunque equipollenti a quelle A o B descritte dal Dm 1444/68: un’informazione ricavabile proprio come quando le amministrazioni debbono applicare i limiti di densità edilizia”.
Quindi, prosegue il Ministero, “è evidente che nella maggior parte dei centri abitati per i cittadini non sarà necessario rivolgersi all’amministrazione locale per sapere in quale zone si trova l’immobile, potendo ricavare agevolmente tale informazione dagli strumenti urbanistici ed edilizi comunali”. La certificazione urbanistica, che per la guida delle Entrate è indispensabile per l’assimilazione alle zone A e B della zone in cui sorge l’edificio, va richiesta solo nei casi “limitati, in cui un Comune mai ha adottato un qualsiasi atto che abbia implicato l’applicazione del Dm 1444/68 nel proprio territorio. In tutte le altre ipotesi, infatti, la stessa guida non richiede specifici adempimenti e la ubicazione dell’immobile in area A o B, o equipollente in base agli strumenti urbanistici ed edilizi del Comune, può facilmente essere accertata dai soggetti interessati”.