La campagna “C’è puzza di gas. Per il futuro del Pianeta non tapparti il naso”, realizzata da Legambiente, grazie al supporto di Clean Air Task Force, ha monitorato e documentato le dispersioni di metano di alcuni impianti energetici della Penisola. In particolare, in Italia su 16 impianti monitorati nel 2022 e nel 2023, tra Sicilia, Campania e Basilicata e legati prevalentemente al trasporto di gas come gasdotti, centrali di compressione, impianti di regolazione e misura di gas, pozzi e centrali di trattamento e raccolta di idrocarburi, sono stati rilevati grazie all’utilizzo di una termocamera a infrarossi “FLIR GF320” circa 150 punti di dispersioni diretti. Di questi 128 hanno a che fare con perdite, ovvero emissioni di gas fossile da bulloni, giunture, manometri, valvole, tubature e altre componenti, a testimonianza della necessità di aumentare i monitoraggi, le verifiche e gli interventi. Sono 26, in totale, invece i casi di venting (ossia di rilascio volontario di metano direttamente in atmosfera). In questo viaggio lungo la Penisola, tra gli “osservati speciali” monitorati da Legambiente il gasdotto Greenstream, in Sicilia, che collega la Libia all’Italia e la centrale di compressione di Melizzano, in Campania in provincia di Benevento, che rappresenta un’infrastruttura strategica per il Paese visto che attraverso di essa passa buona parte del gas importato dal sud Italia e spinto verso nord. In entrambi gli impianti sono state registrate perdite di metano.
Un quadro quello tracciato dalla campagna “C’è puzza di gas” in sintesi preoccupante e che ha portato alla luce numerose criticità, a partire da uno stato generale delle infrastrutture caratterizzate da scarsa manutenzione, da un massiccio utilizzo di pratiche di venting e la mancanza di dati pubblici. Senza contare che il metano ha impatti sull’ambiente e sul clima. Se immesso direttamente in atmosfera può avere infatti un effetto fino a 86 volte più climalterante dell’anidride carbonica per i primi 20 anni.