Come le major delle fonti fossili influenzano le politiche ambientali: una ricerca di Influence Map

Una ricerca di Influence Map, pone in evidenza le pressioni per frenare le politiche sul clima messe in atto dalle cinque maggiore imprese che operano nel mercato dei combustibili fossili.  Le informazioni aziendali sulla spesa per il lobbying e il branding sul clima sono molto limitate. Per colmare questa lacuna di trasparenza, InfluenceMap ha messo a punto una metodologia che utilizza le informazioni meglio disponibili e un’intensa ricerca sulla messaggistica aziendale per valutare le principali spese petrolifere volte a influenzare l’agenda climatica, sia direttamente che attraverso i loro principali gruppi commerciali. l testo completo, è reperibile on line in lingua inglese, previa registrazione. Qui ne forniamo una sintesi per i nostri lettori:

Dalla ricerca emerge che le cinque maggiori major del petrolio e del gas quotate in borsa (ExxonMobil, Royal Dutch Shell, Chevron, BP e Total) hanno investito oltre 1 miliardo di dollari di fondi nei tre anni successivi all’accordo di Parigi sul lobbying legato al clima. Questi sforzi sono in netto contrasto con gli obiettivi di questo storico accordo globale sul clima, e sono stati progettati per mantenere la libertà d’azione  per gestire ed espandere le operazioni relative ai combustibili fossili.

◼ La ricerca rivela una tendenza di campagne di messaggistica positiva attentamente studiate, combinate con pressioni politiche negative sui cambiamenti climatici. L’obiettivo è quello di mantenere il sostegno dell’opinione pubblica su questo tema, frenando al tempo stesso una politica vincolante. Questa spesa accompagna l’espansione delle attività delle aziende con vendite annuali combinate di oltre 1 trilione di dollari e profitti per 55 miliardi di dollari nel 2018, la stragrande maggioranza dei quali legati al petrolio e al gas. Gli investimenti di capitale combinati saliranno a 115 miliardi di dollari nel 2019, ma solo il 3% circa di questi andrà a investimenti a basse emissioni di carbonio, secondo le informazioni fornite dalle società.

◼ La parte più importante di questa campagna è rappresentata dai quasi 200 milioni di dollari all’anno spesi in attività di lobbying volte a controllare, ritardare o bloccare una politica climatica vincolante. Quest’attività ha ostacolato i governi a livello globale nei loro sforzi per implementare tali politiche post-Parigi, che secondo l’ultimo rapporto IPCC del 2018 sono cruciali per raggiungere gli obiettivi climatici e mantenere il riscaldamento al di sotto di 1,5 C.

◼ Tutte e cinque le grandi compagnie petrolifere continuano i loro sforzi per monopolizzare la comunicazione sui combustibili fossili . Dopo Parigi, Chevron, BP ed ExxonMobil hanno condotto attività di lobbying diretto per contrastare la linea politica climatica progressista. La Royal Dutch Shell e, in una certa misura, Total hanno fatto passi avanti dal 2015 per essere più propositivi  su una serie di questioni di politica climatica. Tuttavia, entrambe le società continuano a sostenere il ruolo chiave  dei combustibili fossili nel mix energetico.

◼ Una tendenza chiave è l’uso tattico dei social media. Nelle quattro settimane che precedono le elezioni di medio termine negli Stati Uniti la ExxonMobil ha guidato le major nella spesa globale di 2 milioni di dollari in annunci mirati su Facebook e Instagram, promuovendo i benefici dell’aumento della produzione di combustibili fossili e sostenendo con successo l’opposizione a diverse iniziative di voto relative al clima.

◼ Questa strategia di lobbying è completata da un investimento annuale di 195 milioni di dollari da parte delle cinque aziende in campagne di branding spesso fuorvianti volte a convincere gli stakeholder che stanno lavorando a progetti ambiziosi a favore del clima. Tra gli esempi, la ExxonMobil promuove costantemente la ricerca sui biocarburanti alle alghe. L’obiettivo di Exxon di raggiungere i 10.000 barili di biocarburante al giorno entro il 2025 equivarrebbe ancora solo allo 0,2% della sua attuale capacità di raffinazione.

◼ La ricerca evidenzia l’esternalizzazione delle pressioni climatiche più dirette, negative ed discutibili  a gruppi commerciali come l’American Petroleum Institute che nel 2018 ha condotto con successo una campagna di deregolamentazione dello sviluppo del petrolio e del gas, compresa una riduzione degli standard del metano. I gruppi finanziati dal petrolio e dal gas sembrano anche aver coordinato gli sforzi in California, a livello federale degli Stati Uniti e nell’Unione Europea per opporsi alla politica di elettrificazione del settore dei trasporti.

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