I ricercatori del Lawrence Berkeley National Laboratory (Berkeley Lab) del Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti e del Joint Center for Artificial Photosynthesis (JCAP), hanno elaborato una nuova soluzione per i combustibili rinnovabili che potrebbe superare le limitazioni dei materiali attuali.
E’ un dispositivo di fotosintesi artificiale chiamato “cella ibrida fotoelettrochimica e voltaica (HPEV)” che trasforma la luce solare e l’acqua in due tipi di energia: idrogeno ed elettricità.
Secondo i loro calcoli, un generatore solare convenzionale di idrogeno basato su una combinazione di silicio e bismuto vanadato, un materiale ampiamente studiato per la scissione dell’acqua solare, genererebbe idrogeno con un’efficienza da solare a idrogeno del 6,8%. In altre parole, di tutta l’energia solare incidente che colpisce la superficie di una cella, il 6,8% sarà immagazzinato sotto forma di combustibile a idrogeno, e tutto il resto è perduto.
Fotosintesi artificiale con le celle HPEV
Al contrario, le celle HPEV (fotosintesi artificiale) raccolgono gli elettroni residui che non contribuiscono alla produzione di combustibile. Questi elettroni residui sono invece utilizzati per generare energia elettrica, con un drastico aumento dell’efficienza complessiva di conversione dell’energia solare. Per esempio, secondo gli stessi calcoli, lo stesso 6,8% dell’energia solare può essere immagazzinato come combustibile a idrogeno in una cella HPEV fatta di bismuto vanadato e silicio, e un altro 13,4% dell’energia solare può essere convertito in elettricità. Ciò consente un’efficienza combinata del 20,2%, tre volte migliore delle celle solari convenzionali a idrogeno.